Junio Valerio Borghese

"In ogni guerra, la questione di fondo non è tanto di
vincere o di perdere, di vivere o di morire; ma di
come si vince, di come si perde, di come si vive,
di come si muore. Una guerra si può perdere, ma
con dignità e lealtà. La resa ed il tradimento
bollano per secoli un popolo davanti al mondo."

J.V. Borghese

Nato nel 1906 da nobile famiglia romana, il principe Junio Valerio Borghese seguì
le orme dei suoi celebri avi diventando ufficiale di carriera nella Regia Marina.
Già comandante di sommergibili all'inizio del conflitto, posizione che gli valse una
medaglia d'oro al Valor Militare, divenne il 1° maggio 1943 comandante della
Decima Flottiglia M.A.S.. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 prese la
decisione di restare al fianco dell'alleato tedesco, così come più tardi scrisse:

"All'8 settembre, al comunicato di Badoglio, piansi. Piansi e non ho mai più
pianto. E adesso, oggi, domani, potranno esserci i comunisti, potranno
mandarmi in Siberia, potranno fucilare metà degli Italiani, non piangerò più.
Perchè quello che c'era da soffrire per ciò che l'Italia avrebbe vissuto come suo
avvenire, io l'ho sofferto allora.
Quel giorno io ho visto il dramma che cominciava per questa nostra disgraziata
nazione che non aveva più amici, non aveva più alleati, non aveva più l'onore
ed era additata al disprezzo di tutto il mondo per essere incapace di battersi
anche nella situazione avversa."

E ancora :

" Anch'io, in quei giorni del settembre 1943, fui chiamato ad una scelta.
E decisi la mia scelta. Non me ne sono mai pentito. Anzi, quella scelta
segna nella mia vita il punto culminante, del quale vado più fiero.
E nel momento della scelta, ho deciso di giocare la partita più difficile, la
più dura, la più ingrata. La partita che non mi avrebbe aperto nessuna
strada ai valori materiali, terreni, ma mi avrebbe dato un carattere di spiritualità
e di pulizia morale al quale nessuna altra strada avrebbe potuto portarmi."

Al momento dell'armistizio Borgese stava preparando due importantissime
operazioni, una delle due puntava addirittura al porto di New York, che per
l'evolversi degli eventi non vennero mai realizzate. La sua abilità di comandante
ed il suo indubbio carisma lo portarono ad essere il faro della Decima e dei suoi
uomini, al punto tale di venire più volte in contrasto con i gerarchi della neonata
R.S.I. gelosi del suo potere. Da parte sua Borghese poteva però contare sulla
fiducia tedesca e sull'ammirazione e rispetto dell'ammiraglio Karl Doenitz,
comandante in capo della marina del Reich.
Il 25 aprile 1945 Borghese si consegnò volontariamente al CLN di Milano, ove fu
tratto in salvo da un'emissario americano (oramai tutti conoscono i crudi metodi
utilizzati dai partigiani nei confronti degli avversari).
Nel dopoguerra, dopo essere stato degradato e imprigionato, si dedicò alla
politica in seno al M.S.I. del quale divenne presidente onorario nel 1951.
Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 tentò un colpo di stato alla guida di un
gruppo di fedeli, tra i quali vi erano anche degli ex-marò della Decima mentre altri
erano pronti ad intervenire successivamente, passato alla storia come "operazione
Tora Tora". Il gruppo armato si era oramai impadronito dell'armeria del Viminale
ma misteriosamente si ritirò, probabilmente per l'intervento dell'onorevole
Almirante, allora segretario del M.S.I..
A seguito del fallito golpe si rifugiò in Spagna dove morì, a Cadice, nel 1974.