Ultimo Urlo - Inviato da: Panzerfaust - Sabato, 02 Gennaio 2010 15:56
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La guerra civile
 
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la guerra civile, revisionismo o verità?

Leggendo gli scritti di questo sito, o semplicemente entrandovi, non poche persone ci hanno subito accusato di fare "negazionismo", "revisionismo" o addirittura "apologia"; in realtà non è così. In queste pagine si parla della storia della Decima Flottiglia M.A.S. così com'è veramente stata, forse è per questo che a molti la cosa non può piacere. Analizziamo queste definizioni dall'ultima : "apologia". Non ci pare proprio di inneggiare a passati regimi o lanciare appelli alla ricostituzione di formazioni politiche di altri tempi, anche perché la Decima, lo ribadiamo, era una formazione completamente apartitica.

Perché combatteva la Decima dopo l'8 settembre? Per salvare l'Onore d'Italia, compromesso da un cambio di barricata repentino e tanto azzardato da lasciare uomini, mezzi e territorio in balia degli eventi, con le conseguenze che poi, inevitabilmente si sono verificate. Così migliaia di giovani sono accorsi, non tanto per combattere contro altri italiani, anzi quella era considerata una cosa da evitare in tutti i modi, anche se poi è successo, ma vedremo il perché ed il percome. "Negazionismo" e "revisionismo", nei pochi libri di testo ove viene menzionata la Decima lo è a sproposito, con facili ed inopportuni aggettivi quali "famigerata" e similari, quasi si volesse definire come "male" tutto ciò che ha fatto parte della R.S.I. e come "bene" chi combatteva sull'opposto fronte. Ma è vero tutto questo? Ci stiamo arrampicando sui vetri per negare l'evidenza della storia scritta da alcuni storici con la S maiuscola o forse la verità è stata, in questi decenni, deformata a favore di alcuni?

Riprendiamo con il nostro stile, facciamo storia.
Scrive Mario Bordogna, nel libro "Junio Valerio Borghese e la Decima Flottiglia M.A.S.": "Alla stazione ferroviaria di Valmozzola, piccolo centro della provincia di Parma, il 12 marzo 1944 un gruppo di partigiani fermava un treno in transito facendo scendere tutti coloro che indossavano una divisa militare. Tra questi, due ufficiali del Lupo (il battaglione della Decima che si era costituito il 10 gennaio al comando del capitano di corvetta De Martino). I due ufficiali, Parlotti e Pieropan, erano in breve licenza. Messi al muro con altri otto militari (tra cui due carabinieri) furono uccisi a colpi di mitra. La loro colpa? Indossavano l'uniforme dell'Esercito italiano della R.S.I.." Commenta il Comandante Borghese nel dopoguerra: "L'epilogo di questo tragico episodio costituì uno dei capi d'imputazione al processo intentato contro di me dopo la fine del conflitto. Il colonnello Luigi Carallo, comandante del reggimento del quale facevano parte i due guardiamarina uccisi, dopo l'eccidio ebbe pronta reazione : ricercò i responsabili e li catturò. Su otto, sette, rei confessi, il 17 marzo furono passati per le armi. Che cosa si può dire a un comandante di reparto che viene a conoscenza del fatto che alcuni suoi uomini sono stati massacrati, non durante il combattimento ma in una vile imboscata? Si era in guerra e Carallo seguì le spietate leggi di guerra."

Letto così tutto acquista una sua logica seppur nella crudeltà delle logiche di un conflitto, che portano alla morte di 17 uomini in totale. Ma non sempre, anzi praticamente mai, gli episodi vengono circostanziati in questo modo, anzi, sembra quasi che un misterioso "vuoto temporale" cancelli alcune parti e quindi venga ad essere esaltato il solo epilogo. Cosa pensereste se leggeste solamente : "Il colonnello Carallo, a seguito di un rastrellamento, ordinò la fucilazione di sette partigiani"? Eppure è questa la sostanza dell'accusa fatta a Borghese durante il processo, sarà lui a dover riportare alla luce il perché di quelle esecuzioni. Ma facciamo un passo indietro, la Decima non vuol combattere contro altri italiani, i giovani volontari necessitano di un serio addestramento prima di recarsi al fronte, quindi vengono trasferiti in Piemonte, in Valle d'Aosta ed in Toscana con questa finalità.
La prima preoccupazione di Borghese è di evitare scontri con connazionali, per questo prende i provvedimenti che cita nell'udienza dell'8 novembre 1948 del processo che lo vede imputato: "Detti al colonnello Carallo precise istruzioni:
1°: evitare ad ogni costo ogni contrasto;
2°: ignorare i problemi di politica locale;
3°: dedicare ogni energia all'addestramento del personale per renderlo idoneo a raggiungere il fronte;
4°: far conoscere tali direttive in tutto il territorio. Vennero affissi in tutte le località manifesti che recavano le seguenti parole : "Non preoccupatevi se sono arrivati in questa zona reparti forti di 10.000 uomini. Lasciateci stare e non vi toccheremo perché il nostro compito non è di combattere contro di voi ma di addestrarci alla guerra contro gli anglo-americani".
Nessuno della Decima, quindi, molestò i partigiani né i partigiani molestarono noi. Questa specie di accordo si poté mantenere fino a quando altri dolorosi episodi non vennero a turbare l'armonia delle cose." Aggiungiamo che i vennero anche organizzati dei voli per il lancio di volantini su diverse zone. Insomma, la Decima rinnova il suo rifiuto alla guerra civile e fa tutto il possibile per restarne fuori, tanto da arrivare ad essere accusata di "sabotaggio della guerra" da parte della Platzkommandantur di Aosta, alla quale Borghese aveva risposto : ".....(la Decima n.d.r.) operazioni antipartigiane non ne faceva perché la truppa era dislocata nella zona non con funzioni di polizia ma in addestramento per il fronte...". A "turbare l'armonia delle cose" arrivò il tragico 8 luglio 1944, quando ad Ozegna cadde in un vile attentato il comandante del Btg. Barbarigo Bardelli.

Come questo avvenne è degno di nota, anche perché potrebbe sembrare strano ad un "neofita" che coloro i quali gli sono sempre stati dipinti come dei "santi" possano realmente compiere determinati atti. Bardelli era alla ricerca di un uomo della Decima fuggito con la cassa del battaglione, ritrovatosi a contatto con dei partigiani tentò di avviare un pacifico dialogo, come era riuscito già più volte alla Decima, per chiarire il motivo della sua presenza in quel luogo. Erano pochi i marò che lo accompagnavano, e Bardelli decise addirittura di far loro deporre le armi in segno di non belligeranza, la risposta dei partigiani in quel momento fu il fuoco. La salma del comandante fu ritrovata in seguito in uno stato penoso, con i denti d'oro strappati e cosparsa di letame, a dimostrazione inequivocabile dei metodi di alcuni partigiani. Troverete i dettagli di quest'episodio nelle pagine sul battaglione Barbarigo (La Struttura - Fanteria di Marina - Btg. Barbarigo), ma in questa sede è bene precisare alcune cose:
1) Il capo partigiano artefice dell'episodio era un tal "Piero Piero";
2) Cosa fece immediatamente la Decima dopo la sparatoria ? Per questo ci aiuta una diretta testimonianza di Borghese : "Il colonnello Carallo, nella sua azione per rintracciare il Piero, risalendo le vallate del Canavese, si era scontrato con altre formazioni partigiane che ovviamente opponevano resistenza. Per evitare che la nostra azione si allargasse, in occasione di un'ispezione che feci nella zona, pensai di riunire i vari capi partigiani e spiegare loro le nostre motivazioni. E così avvenne. A Locana, presso il comando di Carallo, ci furono due incontri. Le riunioni erano molto serene. Seduti intorno a un tavolo, presiedevo ed offrivo il caffè. Espressi i motivi per i quali stavamo ricercando il Piero e trovai i capi partigiani, tutti, del nostro avviso, e cioè che egli dovesse essere considerato e trattato come un malfattore e non come un soldato. Questo potrebbe sembrare inverosimile, Borghese che in un comando della Decima dialoga prendendo un caffè con dei capi partigiani, ma la vera storia è questa. Quello che spesso non mancò da ambo le parti fu il rispetto e la volontà di trovare accordi.

Piero Piero però non si riuscì a rintracciare, ed altri attentati colpirono gli uomini della Decima dopo quello di Ozegna, una bomba in un tram a La Spezia, l'agguato di Valmozzola del quale abbiamo già parlato ed altri piccoli episodi. Più che mai la Decima si vide costretta a prendere una decisione : mantenere la scelta di non combattere contro altri italiani, subendo passivamente assalti e soprusi da chiunque, o difendersi rendendo sicure le zone ove la Decima si trovava?
Scrive Borghese : "L'8 agosto 1944 convocai a Ivrea gli ufficiali di tutti i battaglioni. Fu una grossa assemblea. E agli ufficiali, oltre 300, tenni un breve discorso. Dissi che la situazione ci obbligava a difenderci contro gli attacchi dei partigiani; non potevamo garantire la sicurezza delle nostre caserme sorvegliandone solo le mura. Dovevamo essere certi che per dieci chilometri attorno non vi fosse il nemico. Ma per avere questa certezza dovevamo controllare la zona circostante. Dissi infine che se qualche ufficiale non riteneva di poter partecipare a queste azioni di difesa era libero di tornare a casa. Su trecento ufficiali presenti solo quindici mi chiesero di essere congedati. Tra di loro alcuni erano i migliori, ma li lasciai ugualmente liberi. L'essere stati costretti alla guerra civile ci addolora oggi, come ci dispiacque e ci addolorò allora, ma chi combatteva contro l'Italia e contro l'Europa era nostro nemico."
Ecco il momento, ed il perché, dell'entrata della Decima nella guerra civile. Sempre in quest'occasione verranno distribuite agli ufficiali delle "cartoline voto" ove dare il proprio parere rispetto alla questione posta da Borghese, quelle stesse cartoline che qualcuno utilizza come prova che la Decima si gettò in questa brutale mischia fin dal principio......... un altro esempio dei "buchi neri" che costellano la storiografia ufficiale.

Da agosto 1944 in poi non cessarono gli attentati alla Decima (scrive Borghese : "Non passava giorno che non ci pervenisse notizia di qualche caduto, e non passava giorno che la Decima non fosse calunniosamente accusata di fatti nefandi."), ma non si fermò neppure la volontà di raggiungere accordi per evitare inutili spargimenti di sangue. Scrive Borghese sempre a questo proposito : "Sempre più convinto che la situazione richiedesse una più stretta collaborazione tra tutti, che la guerra civile non facesse altro che il gioco degli occupanti, anglo-americani o tedeschi che fossero, mi adoperai, ogni volta che se ne presentò l'occasione, per raggiungere una possibile intesa con gli uomini che combattevano dall'altra parte della barricata. Quando mi furono richiesti, non rifiutai mai incontri con i capi partigiani. Ricevetti i capi delle bande con le quali erano in corso scontri in Piemonte per raggiungere un reciproco e possibilmente incruento "modus vivendi". Compilai un manifesto che feci affiggere in tutti i paesi, i borghi, i villaggi della valle di Locana, Lanzo e Costa, in cui assicuravo che ogni partigiano che avesse deposto le armi non sarebbe stato né giustiziato né fatto prigioniero né inviato in Germania, ma sarebbe potuto tornare a casa, oppure, su sua richiesta, essere arruolato nei battaglioni volontari di lavoratori del genio militare italiano. Questo bando venne immediatamente ritirato dalle autorità governative e mi procurò serie noie con Mussolini che citò il fatto nel corso d'una riunione del consiglio dei ministri come prova del mio "eccessivo spirito di iniziativa ed autonomia"."
Questo l'animo di Borghese e dei suoi uomini, i risultati? Ne parla sempre lo stesso comandante : "Nell'alto comasco avevamo trovato un'amichevole via d'intesa con la banda del capitano Ricci sui seguenti punti:
1° Rispetto e non attacco reciproco;
2° La banda avrebbe mantenuto l'ordine pubblico nella zona evitando fatti di sangue, furti e saccheggi da parte di chiunque;
3° La Decima avrebbe fornito in cambio viveri e medicinali.
Ma raramente questi accordi avevano lunga durata e totale effettuazione sia per la carente autorità dei capi sia per la scarsa disciplina dei gregari. Ad esempio, il capitano Ricci, vero e leale combattente, fu passato per le armi da un'altra banda, pochi giorni dopo aver stipulato gli accordi con la Decima." Quindi gli accordi si portano a termine, ma spesso altri, non approvandoli, pensano a porvi fine con metodi discutibili come nel caso sopra citato e come per il più tristemente famoso eccidio di Porzùs, del quale parleremo nell'approfondimento sulla Venezia Giulia.

Merita un piccolo approfondimento la vicenda di Ferruccio Nazionale, impiccato con al collo un cartello recante la scritta "Aveva tentato con le armi di colpire la Decima". Quest'immagine, molto cara a chi vuole gettar fango sulla formazione di Borghese, risente di uno dei soliti "buchi neri" : perché Nazionale fu impiccato? Forse non lo leggerete mai, ma quest'uomo aveva tentato di uccidere un cappellano della Decima, durante la celebrazione della S. Messa, con una bomba a mano........ cosa aggiungere su un così vile tentativo? Solo la pietà per una persona che da allora non è più tra noi.

Ferruccio Nazionale


Altra cosa che non leggerete mai è la reazione di Borghese a quest'episodio : "Non un partigiano doveva essere passato per le armi senza regolare condanna da parte di appositi tribunali : i colpevoli, dopo la cattura, dovevano essere consegnati alle normali autorità di PS per il regolare prosieguo delle pratiche giudiziarie. Mai, e in nessun caso, il comando della Decima ha ordinato che i reparti si facessero giustizia da sé, anche se talvolta questo era difficile da ottenersi per le scellerate azioni con cui i reparti stessi venivano provati animandone gli uomini di sdegno e facendo loro mordere il freno.". Vi invitiamo, dopo questa lettura, a rivedere i vostri libri di storia, o altre fonti quali il sito dell'A.N.P.I. (che trovate nella nostra pagina dei Controlinks in "Il Sito"), e verificare quali siano le circostanze riportate e come esse siano documentate. Certamente non vogliamo ribaltare l'equazione in vigore a tutt'oggi, tanto da portare il "male" a diventare bene e viceversa, né far passare la Decima come un gruppo di "boy-scouts", qualche testa calda vi era anche agli ordini di Borghese, primo fra tutti il Ten Bertozzi sul quale però le testimonianze "interne" sono pochissime e quindi non siamo in grado di affrontare un corretto confronto sul suo operato, ma da qui a generalizzare ci vuol ben altro.
A questo proposito nemmeno la resistenza italiana, che tanto rivendica un ruolo primario nella guerra di "liberazione" così come il massimo candore delle sue vesti, può dichiarasi estranea ad atti più che discutibili. Per quello che riguarda la Decima il bilancio è notevole, riporta Borghese : "Oltre 500 furono gli uomini della Decima caduti sotto il piombo partigiano", ma non è tutto qui. Ricordate la foto di Ferruccio Nazionale poco sopra? E' un'immagine che per ogni storico che si rispetti grida allo scandalo, peccato però che del marò nella seguente fotografia, al quale sono state amputate le gambe prima dell'impiccagione, nessuno parli.

Due marò impiccati dai partigiani, al primo
sono state amputate le gambe prima dell'esecuzione finale


Che un cartello valga più di un'amputazione così grave? Purtroppo non è stato l'unico a subire sevizie prima della morte, anzi forse è stato uno dei più fortunati.

A metà 1944 vediamo prendere forma questa circolare:

"Testo della circolare 574 (da originale riprodotto a pagina 209 del libro "Per l'Onore d'Italia" di Nino Arena, edizioni CDL)

C.V.L. COMITATO DI LIBERAZIONE NAZIONALE Ia DIV. AUT. VAL CHISONE - A. SERAFINO
COMANDO

Segreto

Ogg. Disposizioni sul trattamento da usarsi contro il nemico

Al Com.te Brigata M. Albergian E.I. Al Com.te Brigata Val Dora

Ricevo e trasmetto le disposizioni avute dal C.V.L. nei riguardi del nemico. Gli appartenenti alle Brigate Nere, alla Folgore, Nembo, Xa Mas e tutte le truppe volontarie sono considerati fuori legge e condannati a morte. Uguale trattamento sia usato anche ai feriti di tali reparti trovati sul campo. Abituato a non discutere gli ordini che ricevo non tollererò nessuna infrazione al riguardo.
I Com. di Brigata diano disposizioni ai loro uff. e così via in merito. Di tale trattamento sono esclusi gli Alpini della M.R. AD ECCEZIONE DEGLI Uff. superiori e dei volontari. In caso che si debbono fare dei prigionieri per interrogatori ecc. il prigioniero non deve essere tenuto in vita oltre le tre ore.

IL C. DI DIVISIONE

Marcellin

(timbro tondo ad inchiostro con la scritta 1° DIV. ALP. AUT. VAL CHISONE C.V.L. - COMANDO)"

Ma come, si ordinava di fucilare anche i feriti in barba a tutti i trattati internazionali? Qualcuno ci ha contestato l'uso di questa circolare affermando che era un atto pressoché dovuto dopo alcune impiccagioni di partigiani della zona. Ma quello che ci chiediamo è : se il tuo nemico si comporta incivilmente questo vale da autorizzazione a fare altrettanto? O meglio : puoi accusare, a posteriori, il tuo avversario se ti sei comportato nello stesso modo?

Il documento originale sopra dettagliato

 

Queste sono le piccole-grandi verità del nostro paese sacrificate sull'altare dell'intoccabilità dei vincitori. Ma andiamo oltre. Piero Operti, partigiano del quale abbiamo già pubblicato alcuni scritti, scrive in una lettera aperta al Presidente della repubblica Einaudi:

".....dire che agli ultimi di novembre del 1943, in un incontro avvenuto nel caffè della stazione di Monchiero tra Maurizio, (Parri) capo della resistenza a fianco di Longo, e un generale dell'Esercito, allora capo delle forze clandestine armate del Piemonte per investitura del C.L.N. regionale, Maurizio, suggerendo al Generale i criteri della lotta, gli disse che bisognava "fare del rumore" e spiegò che per rumore intendeva due cose: primo, ammazzare fascisti e tedeschi isolati onde provocare ogni volta l'impiccagione di persone del luogo e quindi alimentare nelle popolazioni l'odio contro gli uni e gli altri; secondo, far saltare dei ponti senza preoccuparsi se interessassero o non le comunicazioni degli occupatori, ma allo scopo di provocare altre rappresaglie e di approfondire nel popolo il senso drammatico dell'ora vissuta anche dove non erano giunte le rovine dei bombardamenti - dire tutto questo costituisce vilipendio ?E' un minuscolo ritaglio di verità storica."

dal libro "Lettere aperte" di Piero Operti, a pag. 165 Lettera indirizzata al Presidente della Repubblica Einaudi.

Avete letto? Ora pensate, ad esempio, alle Fosse Ardeatine.............

Non vogliamo dilungarci eccessivamente su questo, chiunque lo legga può capire come realmente operavano alcune bande partigiane anche e soprattutto perché si tratta della testimonianza, o forse è meglio dire della confessione, di uno di loro. La nostra unica speranza è che fonti ufficiali, come per esempio il sito dell'A.N.P.I., facciano chiarezza su questi episodi, senza lasciarsi andare a facili accuse di vilipendio alla resistenza per non dare risposte.

Ultimo argomento da trattare : le rappresaglie. Queste vengono dipinte come uno strumento di esclusiva matrice "nazifascista", ma chi l'ha detto che solo i tedeschi o gli italiani della R.S.I. usassero questo sistema? E che fossero "illegali"?
In un pezzo pubblicato su "Il Borghese" del 21 febbraio 1988 troviamo alcune interessanti informazioni: "Ora, su questo punto delle rappresaglie in tempo di guerra è bene parlare chiaro, una volta per tutte. Il problema, del resto, fu già lungamente dibattuto al momento del processo per l'attentato di via Rasella e la conseguente strage delle Fosse Ardeatine; processo nel quale si riconobbe la legittimità della rappresaglia in tempo di guerra, tanto è vero che Kappler fu condannato non tanto per il massacro in sé, quanto per aver fucilato un numero di ostaggi superiore al rapporto di uno a dieci fissato dal Comando. Nell' "Estratto della sentenza di Norimberga" si legge : "Il Tribunale di Norimberga che giudica un gruppo di alti ufficiali dell'Esercito germanico imputati di 'crimini di guerra' ...... ha stabilito che nessun crimine può essere attribuito agli imputati per l'uccisione di membri delle forze della Resistenza. Era l'unico modo in cui un Esercito poteva difendersi............................Le leggi consentono l'uso di prendere ostaggi e ucciderli per assicurare il mantenimento dell'ordine. Non è nostro compito modificare il già esistente diritto internazionale, ma soltanto applicarlo"" ........................... "Il generale Clark, a Strasburgo, ad esempio, ordinò che per ogni soldato americano ucciso fossero fucilati cinque prigionieri, oltre a tutti i guerriglieri ed a tutti i favoreggiatori arrestati. Ad Annecy, per un solo soldato americano ucciso vennero fucilati ottanta prigionieri tedeschi. Nell'Alta Savoia, i francesi fucilarono anche loro ottanta prigionieri tedeschi, soltanto perché si disse che alcuni cosacchi inquadrati in unità germaniche a Lione avevano ucciso "qualcuno". A Soldin, i sovietici applicarono un rapporto di centoventi ostaggi uccisi per ogni russo morto. A Gorezin, gli americani arrivarono al rapporto di duecento a uno. I tedeschi, con il loro rapporto di dieci ostaggi per ogni soldato morto, furono quelli che si tennero più bassi; Montgomery, che a Bendasi applicò questo rapporto ai danni degli italiani, fu tra gli inglesi l'unico ad applicare la stessa regola dei tedeschi.

Qual'era l'obbiettivo di questo approfondimento ? Arrivare alla conclusione che in una guerra civile non ci sono santi né demoni, ognuno combatte per un'ideale e per questo può arrivare anche a degli estremi. Quello che non ci trova e non ci troverà mai d'accordo è che una sola delle due parti si elegga, a conflitto terminato, a giudice....... delle sole colpe altrui, nascondendo le proprie ed imponendo una logica di parte quale unica e incontestabile verità storica per tutte le generazioni future.

Scrive ancora Operti nella stessa lettera sopra citata: "Sennonché per gli italiani amanti del vero esiste un pregiudiziale ostacolo a parlare di quel periodo, del quale la legge vieta di fare la storia, consentendo solo il panegirico o la denigrazione. Dire, ad esempio, tutta la verità sui corpi combattenti della Repubblica Sociale costituisce "apologia del fascismo", e dire tutta la verità sui partigiani - ossia fautori della parte o partito quali furono i socialcomunisti, mentre a chi intese lottare per la patria spetta il nome di patriota, e con tale scrupolo lessicale impiego i due termini - costituisce "vilipendio della Resistenza". Perciò circolano soltanto mezze verità, verità monche e ritoccate. I partigiani commisero un errore reclamando una legge che li rendesse intoccabili"

Siamo i primi a dichiarare che non tutti i partigiani fossero delinquenti ed assassini, gradiremmo però la stessa valutazione non solo per la Decima ma per tutte le forze della R.S.I..

Siete d'accordo? Speriamo di sì.

 

Ringraziamo Mario Bordogna per averci gentilmente autorizzato a riprendere dal libro "J.V. Borghese e la Decima Flottiglia M.A.S." tutte le citazioni del Comandante ed alcuni suoi commenti riportati in questo pezzo.

 

 

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